Lo Speck piaceva anche a Oetzi: l'ultimo pasto dell'uomo di Similaun
Lo Speck piaceva anche a Oetzi

L’ultimo pasto dell’uomo del Similaun fu a base di stambecco

Lo Speck, come tutti sanno, è un salume originario dell’Alto Adige, che deriva da cosce suine disossate e rifilate sottoposte a un accurato processo di salagione e aromatizzazione e infine affumicate con legno di faggio. Una stagionatura di minimo quattro mesi gli conferisce il suo colore tipico e il gusto aromatico con spiccate note affumicate.

Oetzi, l’uomo del Similaun

Il vocabolo tedesco Speck significa “lardo” e le origini di questo cibo sono decisamente più antiche di quanto si potesse credere: lo hanno rivelato le recenti scoperte legate all’uomo del Similaun, comunemente noto come Oetzi.

La mummia di questo individuo vissuto circa 5.300 anni fa fu ritrovata il 19 settembre 1991 ai piedi del ghiacciaio del Similaun sul confine italo-austriaco, perfettamente conservata dai ghiacci: si tratta di un esemplare di homo sapiens che le analisi hanno permesso di ricondurre all’Età del rame, di circa 40-50 anni di età. Secondo gli studiosi Oetzi non era un semplice contadino, bensì l’ultimo discendente di una qualche stirpe nobile (come testimoniato dal possesso di un’ascia in rame, materiale particolarmente pregiato), che non avrebbe lasciato eredi. La morte di Oetzi sarebbe avvenuta a causa di una ferita provocata da una freccia.

Ma cosa c’entra la mummia di un uomo vissuto migliaia di anni fa con il prelibato Speck?

L’ultima cena di Oetzi

Prima di morire per le conseguenze della ferita riportata presumibilmente in un qualche scontro armato (qualcuno ipotizza un accoltellamento alle spalle, una sorta di tradimento ad opera di qualche compagno), l’uomo del Similaun aveva cenato.

Gli esami eseguiti sui reperti da parte degli archeologi hanno permesso di risalire alle tracce di cibo rinvenute nello stomaco della mummia, e l’ultimo pasto consumato da Oetzi è risultato essere a base di carne di stambecco essiccata. Analizzandone la nanostruttura, il team guidato dall’esperto Albert Zink ha appurato la particolarità della lavorazione della carne: non fu sottoposta a cottura, bensì mangiata cruda. Le fibre rinvenute nello stomaco, infatti, sarebbero andate perse se la carne fosse stata cotta.

Oltretutto, le armi rudimentali ritrovate con la mummia indicano che l’uomo non avrebbe potuto cacciare: probabilmente si è cibato di resti di animali trovati già morti. Carne essiccata, dunque, che gli archeologi hanno presto ribattezzato “uno speck dell’età della pietra”.

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