rischio alzheimer mangiando salumi
Mangiare carne e salumi aumenta il rischio Alzheimer? No

Lo sviluppo della demenza non è collegabile al consumo di carne

Tra le più recenti notizie allarmistiche in campo alimentare – quando non si tratta di vere e proprie fake news – c’è anche quella secondo cui il consumo di carne fa aumentare il rischio di demenza senile e Alzheimer, sulla base di una ricerca condotta da un’università inglese. Anche in questo caso però, come già visto per le false credenze sui salumi che contengono nitrosammine – non è il caso di preoccuparsi, ma anzi è consigliabile comprendere meglio cosa dicono gli studiosi: cerchiamo di fare chiarezza.

 

Presunta correlazione tra consumo di carne e demenza: lo studio

Tutto nasce dalla pubblicazione sull’American Journal of Clinical Nutrition dei risultati di una ricerca condotta da un team di epidemiologia nutrizionale guidato dalle professoresse Laura Hardie e Janet Cade dell’Università di Leeds, in Gran Bretagna. Lo studio ha riguardato un campione di 500mila individui britannici di età compresa tra 40 e 69 anni e le loro abitudini alimentari nel periodo 2006-2010, concentrandosi in particolare sulla frequenza di consumo di carne rossa e bianca (da mai a più volte al giorno).

Nel corso degli 8 anni analizzati sono emersi all’interno del mezzo milione di persone prese in esame un totale di 2896 casi di demenza, che i ricercatori hanno associato al consumo di carne affermando che l’incidenza di Alzheimer e demenza è maggiore nelle persone che mangiano una porzione di carne lavorata al giorno (25 grammi, pari a una fetta di pancetta): in questi soggetti il rischio aumentava del 44%, mentre viceversa il consumo di carne rossa avrebbe un effetto protettivo contro l’Alzheimer poiché il rischio di patologie diminuiva del 19% in chi era solito mangiare ogni giorno 50 grammi di carni rosse (vitello, manzo, maiale).

 

Perché mangiare salumi non causa l’Alzheimer

Non bisogna tuttavia limitarsi a questi pochi dati fuori contesto, ma è necessario esaminarli in rapporto alla situazione complessiva presa in esame. Innanzitutto la demenza senile è una malattia che colpisce circa l’8% della popolazione over 60 in tutto il mondo con 50 milioni di nuovi casi ogni anno, di cui il morbo di Alzheimer rappresenta in media il 50-70%, ed è assodato che esistono fattori genetici che favoriscono una predisposizione alla demenza senile in determinati individui.

Il campione di soggetti analizzato dai ricercatori è costituito da numerosi soggetti con potenziali fattori di rischio per Alzheimer e demenza: il 24,2% delle persone soffriva di obesità e addirittura quasi la metà (42,3%) era sovrappeso, senza contare che nella maggior parte dei casi la demenza veniva riscontrata nei soggetti più anziani, meno istruiti e meno attivi fisicamente, fumatori e con una storia familiare con affinità agli ictus e alla demenza. Insomma, il consumo di carne e salumi in tale contesto dovrebbe davvero essere l’ultimo dei problemi.

Infine, ma non meno importante, la ricerca fa riferimento a un periodo e a un’area geografica che sono molto lontani dalla nostra realtà: rispetto al primo decennio degli anni 2000 oggi le tecniche di produzione e lavorazione dei salumi, delle carni e in generale degli alimenti si sono evolute enormemente, innalzando la qualità dei prodotti finiti; sappiamo poi che le abitudini alimentari in Inghilterra sono estremamente diverse da quelle italiane – come conferma l’usanza di mangiare carne tutti i giorni in dosi elevate, cosa sconsigliata dalla dieta mediterranea – e anche la disponibilità di salumi e carni di qualità è ben differente. Insomma, mangiare salumi italiani di qualità con moderazione e secondo i dettami della dieta mediterranea non comporta rischi più alti rispetto a quelli degli altri alimenti considerati sani – dal pesce ai vegetali – in riferimento alla demenza senile, anzi l’elevato contenuto di omega-3 degli affettati (scopri di più) è un’ottima forma di prevenzione alimentare per l’Alzheimer.

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